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Parrocchia personale dei Migranti

 

Spiritualità della Cura

 

La Parrocchia personale dei Migranti promuove un cammino di Spiritualità
per Badanti, Baby-sitter, Personale sanitario e Colf

"Quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40)

 

scarica i testi in pdf: Preghiere, Biografia dei santi patroni
scarica le preghiere in jpg: Preghiera del mattino; Preghiera della sera

        Prendendo come modello e patrono san Giuseppe: l'uomo buono e giusto cui Dio ha affidato la cura di suo figlio, il bambino Gesù



La cura come cammino di santificazione

La solidarietà si esprime concretamente nel servizio, che può assumere forme molto diverse nel modo di farsi carico degli altri. Il servizio è "in gran parte, avere cura della fragilità. Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo"… Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a "soffrirla", e cerca la promozione del fratello. (Papa Francesco, Lettera Enciclica "Fratelli Tutti", n. 115)

Prendersi cura degli altri, assistendo gli anziani, i bambini, i malati o prendersi cura delle loro case, non è un lavoro qualsiasi. Certo, si può intendere anche così, ma il cristiano tarda a scoprire quel valore aggiunto che Gesù chiamava "servizio" e lo rende simile a lui nella realizzazione della tenerezza di Dio per gli altri. Perciò il lavoro - come insegna il Concilio Vaticano II - è un'occasione di santificazione e indipendentemente dal motivo per cui è stato inizialmente scelto, può essere scoperto come una "vocazione"; vale a dire: come l'invito che Dio rivolge concretamente e personalmente a ciascuno, ad essere suo collaboratore nella cura degli altri. Vogliamo pertanto intraprendere un vero percorso di "spiritualità della cura", per crescere nella fede e nella santità; realizzare pienamente la nostra umanità e raggiungere quell'unità di vita che è l'unica capace di darci la pace; per prenderci cura degli altri e rendere il mondo un posto più umano e bello in cui vivere. In una parola, come direbbe Gesù: crescere personalmente, collaborando alla realizzazione del Regno di Dio. Ci siano di esempio e ci accompagnino: la Vergine Maria, "donna del servizio"; San Giuseppe, l'uomo buono e giusto, cui Dio ha affidato la cura di suo figlio; tutti i santi e le sante della carità; in particolare: Santa Bakhita (che fu baby-sitter), Santa Maddalena di Canossa (che si dedicò alla formazione delle Colf), San Martino de Porres (che si dedicò alla cura dei malati) e San Gerardo (che si prese cura di poveri, anziani e ammalati, accogliendoli nella propria casa).




Preghiera DEL MATTINO

Anche oggi, Signore, la tua provvidenza è sorta prima del sole
e ora me ne fai strumento
per curare i miei fratelli e le mie sorelle.
Aiutami a riconoscere la Tua presenza
nei piccoli che nuovamente mi affidi:
ammalati, anziani, bambini, famiglie.
Risuonino ancora e sempre
nel mio cuore le tue parole:
"Quello che avete fatto a uno di questi piccoli
lo avete fatto a me".
Manda su me il tuo Spirito,
affinché, con i suoi doni, mi guidi e mi assista nella fatica,
così che il lavoro, vissuto come servizio,
sia occasione di autentica santificazione.
Mi dia la capacità di curare, confortare, consigliare e servire.
Rendimi, Signore, sacramento della Tua tenerezza.
Amen

Padre nostro
Ave Maria
Gloria

La santa Trinità ci salvi e ci benedica

PREGHIERA DELLA NOTTE

Il tempo rapido è fuggito
e Tu, Signore, ci doni un'altra notte.
Notte di sonno o di veglia;
di rigenerazione o dolore;
di riposo o lavoro,
ma sempre al riparo della tua mano paterna e provvida.
Ti ringrazio, per le persone che ancora mi ha affidato,
in questo giorno che si chiude.
Ti affido le loro gioie e speranze, le tristezze e le angosce.
Ti lodo per esserti servito anche di me nel prenderti cura di loro.
Perdona le mancanze alla carità, gli scatti di impazienza,
le parole di troppo e quelle non dette.
Il buio che ormai ci avvolge sia presagio di un'alba nuova,
ogni preoccupazione cede quindi alla speranza,
perché - ormai lo sappiamo - anche domani
la tua provvidenza sorgerà prima del sole.
Amen

Padre nostro
Ave Maria
Gloria

Dormiamo in pace, vigiliamo in Cristo




I nuestri santi patroni

A quanti lavorano nella cura degli anziani e dei malati nelle proprie case, proponiamo San Gerardo de Monza come modello e patrono.

San Gerardo dei Tintori, laico e fondatore di un "ospedale" per la cura dei poveri e degli ammalati (6 giugno)

Gerardo dei Tintori nacque a Monza, tra il 1134 e il 1140. Dopo la morte del padre, con i beni ereditati, fondò un "ospedale" con lo scopo di prendersi cura dei poveri e dei malati. La sede dell'ospedale sembra essere stata la casa di Gerardo.
Nel 1174 Gerardo stipulò una convenzione con il Comune di Monza e con il Capitolo del Duomonella quale si definiva lo status giuridico e amministrativo: l'ospedale dipendeva dall'autorità ecclesiastica, ma di fatto manteneva una sostanziale autonomia, mentre il Comune ne assumeva la tutela giuridica.
Il servizio in ospedale era svolto da "conversi": ovvero laici che vivevano in comune come i frati, ma senza professare i voti religiosi.
Gerardo era uno di loro e ricoprì anche la carica di direttore dell'ospedale fino alla sua morte, avvenuta il 6 giugno 1207.
Secondo la tradizione, Gerardo compì diversi miracoli in vita e altri gli vengono attribuiti dopo la sua morte. L'inchiesta ordinata da San Carlo Borromeo ne ha riconosciuti 20 in totale.
Il miracolo più famoso è senza dubbio quello dell'attraversamento del Lambro: si narra che, mentre Gerardo pregava in Duomo, il fiume, crescendo improvvisamente, abbia rotto il ponte che collegava l'ospedale con la città.
L'ospedale si affacciava sul Lambro ed era in pericolo di allagamento: Gerardo si affrettò: stese il mantello sull'acqua, vi salì e attraversò il fiume, raggiungendo i suoi malati; poi ordinò alle acque di non entrare nelle stanze dei malati. Le acque rimasero ferme alle porte per alcune ore anche se la loro altezza superava quella delle soglie di oltre 20 cm.

 
A quanti lavorano nella cura dei bambini, nelle case o nelle scuole di ogni ordine e grado, proponiamo Santa Bakhita come modello e patrona.

Santa Josefina Bakhita, religiosa canossiana (8 febbraio)

Bakhita nacque in Darfur, Sudan, nel 1869. Mentre era in Sudan nel 1883, il diplomatico italiano Callisto Legnani la comprò come schiava allo scopo di restituirle la libertà. Quando Legnani dovette tornare in patria, Bakhita decise di accompagnarlo e, arrivata a Genova, fu trasferita nel comune di Zianigo, al servizio della famiglia Michielo.
Lì visse per tre anni, lavorando come baby-sitter della prima figlia dei Michieli, Alicia. Quando i genitori della ragazza dovettero andare in Africa, dove avevano un albergo, lasciarono la ragazza con la sua baby-sitter nella casa canossiana di Venezia. Là Bakhita fu battezzata il 9 gennaio 1890.
L'8 dicembre 1896 entrò nelle Suore Canossiane, prendendo come nome religioso suor Josefina. Nel 1902 fu assegnata al convento canossiano di Schio, nel nord Italia, in provincia di Vicenza, dove sarebbe rimasta per il resto della sua vita.
Durante i 42 anni che rimase a Schio, Bakhita servì come cuoca, sacristana e portinaia, rimanendo costantemente in contatto con la comunità locale.
La sua dolcezza e il suo costante sorriso divennero famosi in tutta Vincenza, dove iniziarono a chiamarla affettuosamente "Sor Moretta". Il suo carisma speciale e il suo odore di santità vennero presto notati tra i membri del suo ordine.
Negli suoi ultimi anni, costretta su una sedia a rotelle, passò ore in preghiera davanti al tabernacolo offrendo le sue sofferenze per la Chiesa, per il Papa e per i peccatori. Morì a Schio l'8 febbraio 1947.

     

A quanti lavorano nella cura delle case, proponiamo Santa Maddalena di Canossa come modello e patrona.

Santa Maddalena di Canossa, fondatrice delle suore canossiane (10 aprile)

Maddalena Gabriella dei marchesi di Canossa nacque a Verona il 1 marzo 1774. Orfana del padre e abbandonata dalla madre, all'età di 7 anni venne affidata ad una nutrice.
A 17 anni andò nel Carmelo di Trento e poi a Conegliano (Tv).
Tornata a casa, nel 1801 accolse due ragazze povere nel palazzo di famiglia.
Nel 1808 iniziò una esperienza di convivenza con altre ragazze in difficoltà, nell'antico convento delle Agostiniane Veronesi: da questo primo nucleo nacquero a poco a poco le Figlie della Carità.
Dopo aver aperto un'altra casa a Venezia, arrivò a Milano il 18 luglio 1816..

Qui alcune amiche avevano trovato la disponibilità del parroco di Santo Stefano Maggiore, Mons. Francesco Maria Zoppi, ad accoglierla insieme ad alcune compagne in una casetta attigua alla chiesa, per avviare un'opera di assistenza alle malate del vicino ospedale (la Ca' granda") e per la formazione umana e cristiana delle ragazze più povere del quartiere "Verziere" e di quelle che venivano in città per lavorare come domestiche (Colf) nelle case dei ricchi.

Tra loro vi fu Francesca Irioni, che diventerà la seconda novizia della nuova famiglia religiosa, canonicamente riconosciuta dall'Arcivescovo di Milano, Karl Kajetan von Gaisruck, il 10 settembre 1823, proprio sull'altare della Basilica di Santo Stefano.

Successivamente aprirà altre case a Milano e dintorni, come pure a Bergamo e Trento, sempre per accogliere ragazze povere e renderle protagoniste della loro vita. E mentre preparava nuove aperture a Brescia e Cremona, morì a Verona il 10 aprile 1835.

 
A coloro che lavorano nella cura dei malati negli ospedali e nelle case di cura e per gli anziani, proponiamo San Martín de Porres come modello e patrono.

San Martino de Porres, frate domenicano (3 novembre)

Martino nacque a Lima il 9 dicembre 1579. Suo padre era l'aristocratico spagnolo Juan de Porres, che all'inizio non volle riconoscerlo, perché sua madre era un'ex schiava di origine africana.
Fin da piccolo ebbe una grande inclinazione per la medicina e apprese le prime nozioni di cura nella farmacia-clinica di due vicini.
All'età di 15 anni entrò nei Domenicani, che avevano fondato il loro primo convento peruviano a Lima, noto come il "Rosario". Essendo mulatto fu però ricevuto soltanto come "terziario" e gli vennero assegnati compiti umili.

Ciononostante, quando i domenicani riconobbero la sua energia interiore, lo tolsero dal suo status di subordinato, accogliendolo nell'Ordine, il 2 giugno 1603, come fratello collaboratore. Poco a poco, la fama della sua santità si diffuse in tutto il paese.
Così, teologi, nobili e vescovi iniziarono ad andare di lui a chiedere consigli (tra loro il viceré del Perù e l'arcivescovo di Lima), trovandolo quasi sempre circondato da poveri e ammalati. Durante un'epidemia di peste, curò tutti coloro che accorsero a lui e i suoi sessanta confratelli, dei quali nessuno perì.
A Lima fondò una scuola per educare i bambini poveri: fu la prima nel Nuovo Mondo. Infine curò l'arcivescovo del Messico, che avrebbe voluto portarlo con sé. Ma Martino morì a Lima il 3 novembre 1639.






   

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